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Inviato: Sab Nov 28, 2009 9:29 am Oggetto: Recensione di M. F. Perini su foto Giulia Berardi |
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La foto di Giulia Berardi:
La recensione di Marco Furio Perini:
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Mi è stato chiesto dallo staff di sostituire (provvisoriamente si intende) Riccardo Corsini, in questi giorni indisposto ed impossibilitato a collegarsi regolarmente al sito, nella rubrica/sezione "Recensioni".
Un incarico che ho accettato anche per la stima che nutro verso Riccardo e per l'ammirazione che mi hanno sempre suscitato le sue analisi, così capaci di cogliere l'anima di ogni fotografia recensita. Premetto che non mi sento assolutamente all'altezza del compito, ma, anche per riconoscenza verso il sito e per tutto ciò che mi ha dato in termini di esperienza e di amicizia, ci provo.
Allora inizio scegliendo questa fotografia di Giulia Berardi, che già mi aveva così positivamente colpito appena vista.
E' la foto di "presentazione" di Giulia su Micromosso, ovvero la sua prima foto postata qui, circa sei mesi or sono. Già il titolo intrigante ("scatti ciclabili") ed il breve ma incantevole about aggiunto ("qualche volta la mia anima si ciba di bici") ci dicono qualcosa di importante, non sulla foto (che parla da sè), ma sull'autrice, sulla fotografa, sulla persona Giulia. E' un ulteriore e garbato modo di presentarsi apertamente alla community, senza misteri, oltre che ovviamente un suggerimento, una indicazione sul perchè proprio "quella" fotografia e "quel" soggetto. Quella fotografia e quel soggetto che, come confermato dalla stessa autrice, sono la proiezione in immagine, l'espressione di una passione personale, ovvero l' amore per le biciclette non solo come veicoli sportivi ma altresì come oggetti, osservati nelle loro forme e nella loro materialità.
Il tema bici/ciclisti, lo sappiamo pressochè tutti, è sempre molto in voga tra noi fotoamatori. Logico, perchè la bicicletta è, nel suo piccolo, anch'essa un simbolo di libertà, un antidoto allo stress del lavoro e delle incombenze quotidiane (ma non ditelo agli operai che fino a tutti gli anni '50 la usavano per recarsi in fabbrica anche in pieno inverno alle cinque del mattino, con la borsa di cuoio consunto legata alla canna e con dentro la pietanziera portata da casa...). Perchè la bici ha
fotograficamente delle potenzialità espressive e dinamiche tutte sue. Perchè ha in sè un fascino storicamente e saldamente radicato che altri mezzi di locomozione ben più moderni e comodi neppure se lo sognano.
Il dinamismo, il senso del movimento e della corsa, solitamente lo si esprime attraverso l'uso del "mosso". Solitamente. Giulia invece ha preferito un'altra soluzione per trasmettere questo senso di dinamismo e movimento. Una soluzione tutta interna all'immagine, ottenuta attraverso la composizione, la disposizione degli elementi. A parer mio c'è infatti una tensione dinamica non comune tra il soggetto, posizionato proprio al limite del fotogramma, quasi appoggiato al bordo destro, e la sua ombra proiettata verso il lato opposto.
Bici e figura sembrano spinte fuori dall'immagine da una forza centrifuga (effetto ribadito dall'inclinazione verso destra), mentre l'ombra, in contrapposizione, esercita una forza centripeta verso l'interno, come se volesse ancorarle, trattenerle dentro. E poi quelle linee più o meno marcate che segnano la strada, sembrano anch'esse andare in direzione contraria a quella della bici, l'una verso destra, le altre verso sinistra. Tutto questo magistralmente composto con pochi elementi essenziali, e tutti strettamente funzionali al "discorso", al "racconto": la bici, l'atleta, l'ombra, la strada. Nessun elemento superfluo che distragga dalla sostanza dell'immagine e di quel che ci vuol dire. Se semplicità ed essenzialità sono fattori determinanti per la riuscita di una fotografia, qui ce n'è in abbondanza.
Da non trascurare nemmeno la scelta del colore. Che secondo me contribuisce a preservare l'immagine da una connotazione di sola attualità per trasportarla indietro nel tempo, in una dimensione temporale velata di romanticismo e di nostalgia. Come se la "storia" del ciclismo fosse in qualche modo evocata attraverso questa tinta, anticata sì, ma che ricorda altresì il colore delle strade sterrate, della fatica e del sudore che le solcavano ad ogni gara, ad ogni corsa, ad ogni passaggio.
Le foto successivamente mostrateci dall'autrice hanno confermato che la preziosità di questa immagine non era certo frutto del caso, bensì pieno risultato della sua capacità di "vedere", della sua bravura nel tradurre in fotografia ciò che più tocca la sua personalità e sensibilità. E che gli elogi sinceri ottenuti sin dall'inizio erano tutti ampiamente meritati.
Complimenti Giulia.
Marco Furio Perini |
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