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La fotografia e l'arte di allacciarsi le scarpe

 
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Antonio Perrone Torkio
STAFF


Registrato: 15/11/06 12:34
Messaggi: 7905
Residenza: Guidonia (RM) - Torchiarolo (BR)

MessaggioInviato: Ven Apr 03, 2009 5:50 am    Oggetto: La fotografia e l'arte di allacciarsi le scarpe Rispondi citando

Riportiamo per gentile concessione di CORSO DI FOTOGRAFIA DIGITALE un articolo di Roberto Mutti


Cari amici, torniamo sul tema dell’organizzazione per progetti del proprio lavoro perché ci sono dei punti interessanti da riprendere nelle vostre risposte.

Partiamo da una considerazione: noi italiani siamo insofferenti delle regole, perfino di quelle che ci diamo da soli. Questo perché siamo creativi e crediamo di sapercela sempre cavare con un colpo di genio. Se la prima affermazione è, in generale, abbastanza vera, l’altra è dettata da un effetto psicologico perché noi tendiamo a ricordare le vittorie inaspettate e a dimenticare le sconfitte dovute alla mancanza di programmazione.

Mi ricordo da ragazzo la noia agli allenamenti anche se poi dovevamo riconoscere che da quella costanza nascevano i buoni risultati delle partite. Per tutte queste ragioni capisco bene quello che mi dite, soprattutto se usate le parole di Mauro 76 quando teme, ingabbiato in un progetto, di perdere le tante possibilità che ci sfiorano.
Mi hanno fatto ricordare un bel film di Peter Howitt intitolato “Sliding doors” e uscito una decina di anni fa dove si mostrano le diverse possibilità che il destino offriva alla protagonista a seconda che fosse riuscita o no a prendere la metropolitana prima della chiusura delle porte del vagone. La morale è che non possiamo farci niente perché se la donna della nostra vita ci incrocia per strada mentre ci stiamo allacciando una stringa, nessuno dei due incrocerà lo sguardo giusto. Tutto vero – non a caso uso solo mocassini – ma che cosa c’entra con la fotografia?

Bisogna essere scientifici: se due cavalli attraversano una radura io posso essere il fortunato spettatore che farà una buona immagine ma se mi informo prima sulle loro abitudini le mie possibilità aumentano.
Così lavorano, ad esempio, i fotografi naturalistici. Cogliere l’attimo in cui un Martin Pescatore si tuffa nell’acqua o si intrufola nel tunnel scavato negli argini Del fiume che gli fa da nido non è il frutto di un colpo di fortuna ma il risultato di uno studio accurato e di appostamenti giudiziosi.
Nel reportage è lo stesso e, visto che mi chiedere esempi da studiare, provo a indicarvene alcuni fra i tantissimi.
Eugene Smith era un grande fotografo americano che lavorava per la rivista “Life” cui proponeva temi come “Medico di campagna”, un racconto realizzato vivendo in una piccola comunità e seguendo il medico nella sua vita quotidiana fino a trasformarsi in un testimone che riusciva a scattare senza infastidire i protagonisti che si erano abituati a lui.
Opportunamente aggiornato, questo potrebbe essere un tema da seguire con soggetti e anche tempi diversi: basterebbe seguire la giornata di una commessa, di un fornaio, di una segretaria, di un pompiere per costruire una storia interessante. Cartier-Bresson è passato alla storia come il campione delle immagini rubate, ma quando ha vissuto in Cina assistendo alla sconfitta del Kuomintang e alla vittoria dei seguaci di Mao ha costruito una storia rigorosa come apparve nel 1954 nel volume “Da una Cina all’altra”.
Passando ai fotografi italiani contemporanei, provate a guardare uno dei tanti libri di Gianni Berengo Gardin, di Mario De Biasi, di Ferdinando Scianna e vi accorgerete subito che prima di scattare si sono informati sui luoghi, hanno parlato con le persone, hanno costruito nella loro testa quel percorso che poi è apparso in fotografia.

Vi racconto qualcosa di cui sono stato testimone diretto: l’anno scorso ho curato una mostra collettiva di fotografia architettonica e in quell’occasione abbiamo deciso con il fotografo Maurizio Galimberti che avremmo esposto delle sue fotografie nuove che siamo andati a scattare a Parigi. Nulla è stato lasciato al caso: ho seguito il fotografo nei sopralluoghi, nella ricerca della luce giusta, nelle riflessioni sulla composizione delle immagini (Galimberti avrebbe, infatti, realizzato dei collage in polaroid). Chi è passato davanti a noi mentre lui scattava poteva aver l’impressione che tutto fosse stato improvvisato al momento, ma chi lo ha osservato mentre accostava le immagini ha senz’altro capito il progetto rigoroso che aveva consentito a Galimberti di fare in modo che le singole parti andassero a comporre un insieme armonico.

La realtà è così bella e varia da rendere difficile una scelta per un fotografo che ha di fronte un gran numero di possibilità. Qui ha proprio ragione Carla quando ricorda il suo metodo per visitare un grande museo seguendo uno dei possibili percorsi scelto prima: visitare il Louvre tentando di vedere tutto vuole infatti dire non vedere davvero nulla mentre decidere di osservare con più cura solo la sezione dell’antico Egitto è più appagante e fruttuosa.

C’è la possibilità dell’essere distratti da un’improvvisa visione (magari l’anima gemella incrociata perché la scarpa non era slacciata) ma non vedo il problema: le digressioni sono sempre utili e chi fotografa non deve necessariamente impedirsi di scattare fuori dal seminato, anzi. L’importante è che ricordi che alcuni soggetti sono di contorno e magari è meglio averli perché verranno utili in un altro momento, ma che al tema precedentemente pensato occorre tornare.
Roberto Mutti


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articolo e dibattito lo potete consultare alla pagina seguente:
http://www.corsofotodigitale.it/acm-on-line/Home/Angolodelcritico/articolo8454.html
_________________
Abbiate pazienza, sto cercando di imparare a mettere a fuoco...
il mio nuovo sito: www.antonioperrone.com
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Michele Sorrentino TDM



Registrato: 30/10/07 17:29
Messaggi: 366
Residenza: Napoli

MessaggioInviato: Dom Apr 05, 2009 5:52 am    Oggetto: Rispondi citando

Grande Mutti,
per chi non lo conoscesse, il dott. Mutti è un critico fotografico del quotidiano La Repubblica e curatore di mostre, rassegne e cataloghi (ha scritto più di 200 libri)
ha collaborato con tante riviste del settore ed è stato direttore dal 1998 al 2005 di “Immagini Fotopratica”. La sua biografia parla anche della sua lunga attività di docente di storia della fotografia e di linguaggio fotografico. Attualmente insegna all’Accademia del Teatro alla Scala e tiene un corso allo IED a Milano.
_________________
www.michelesorrentino.it

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